Paolo Spinoglio

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Biografia

"Gli occhi che bruciano
Le stecche impregnate di sudore
Le mani stanche. Quale cosa uscira'?
La mia verita' nel disegno? I miei sogni?
La mia pazzia?
Solo domani potrai sapere.
Oggi e' finito. Domani chissa'.."
- Paolo Spinoglio

Paolo Spinoglio è nato a Torino l’11 giugno 1956, gemello di Luigi, astrofisico, e fratello di Cristina, traduttrice.
Inizia giovanissimo ad apprendere le tecniche pittoriche e del disegno dal padre Tullio, appassionato pittore ed acquarellista.  
Fin da bambino Paolo frequenta, in Italia e all’estero, numerosi Musei, Gallerie d’arte, nonché gli studi di alcuni pittori, restando particolarmente influenzato dal post-impressionismo, dall’arte astratta e concettuale.
Paolo frequenta il Liceo Classico D’Azeglio a Torino. A quattordici anni impara tecniche del disegno sotto la guida del Prof. Carlo Giuliano, direttore dell’Accademia di Belle Arti di Torino. Di questo periodo fanno parte molti disegni, quadri, fotografie e opere che testimoniano un’attività febbrile di sperimentazione.
Conseguita la maturità classica si iscrive alla facoltà di Architettura e successivamente ad Archeologia, ma senza risultati significativi.
Persona dall’animo inquieto decide di abbandonare gli studi e di dedicarsi professionalmente alla scultura perfezionando il suo talento naturale dallo scultore Riccardo Cordero.  
Fin dagli esordi le riflessioni plastiche, di impronta figurativa, trovano nella terracotta il materiale ideale.
Nel 1989 si trasferisce con la moglie Raffaella e i due figli, Pietro e Francesco (la figlia Marta nascerà nel 1994) nell’astigiano a Mombercelli, ma è a Canelli in Regione Dota dove lavora; nel suo studio laboratorio tra sculture, disegni, attrezzi, scritte sui muri nascono le sue opere, o meglio le sue “creature” come Paolo amava chiamarle.
Gli anni Novanta, nel susseguirsi di mostre, committenze e affezione di collezionisti, rappresentano la crescita professionale di Paolo.  
La creazione e produzione artistica procede senza sosta e dal suo laboratorio escono decine di sculture.  
Negli anni il suo stile si evolve verso l’astrazione e l’essenzialità con l’eliminazione progressiva dei particolari descrittivi sino a giungere a quei visi che sorridono senza occhi.
Anche negli ultimi giorni Paolo non ha mai abbandonato quel suo essere realista e intensamente ironico, intelligente, sarcastico, a cominciare dal giudizio su se stesso…
Paolo è morto ad Asti il 12 maggio 2002.

Libro:
Viaggio alle origini della forma

Mostre principali

1974
Torino, Promotrice delle Belle Arti,  Collettiva per Giovani Artisti 
1989
Bologna, Arte Fiera, Galleria Free  Art – Torino 
1990
Bologna, Arte Fiera, Galleria Free  Art – Torino 
1991
Canelli (AT),  Salone Cassa di Risparmio di Asti - Personale
Citta’ del Vaticano, Bozzetto per Papa Giovanni Paolo II , donato dal Comune di Canelli
Mango (CN), Castello dei Marchesi di Busca- Personale
S. Stefano Belbo (CN), Casa di Cesare Pavese - Personale
Gavi  (AL),  Galleria  Spazio Arte - Personale 
1992
Mango (CN), Monumento al Cane
Mango (CN), Castello dei Marchesi di Busca - Personale
Alba (CN), Esposizione Fiera del Tartufo 
1993
Torino, Galleria Studio Laboratorio di Anna Virando - Personale
Rothrist (Svizzera), Galleria R. Von Arx - Personale
Mango (CN), Monumento a Giuseppe Fenoglio
St. Vincent (AO), Centro Congressi - Personale
Zurigo (Svizzera), Esposizione Movenpick Hotel
Mango  (CN),   Monumento per l’Europa
Monaco di Baviera (Germania), Olympiaturm - Personale
Rivara (TO), Collettiva sul Presepe 
1994
Torino, Galleria   Studio Laboratorio - Personale
Alba (CN), Chiesa San Domenico - Collettiva
Pinerolo  (TO), Galleria Losano - Collettiva
Mango  (CN), Castello dei Marchesi di Busca - Personale 
1995
Carignano (TO), Galleria Spazio 9  ex Lanificio  Bona – Personale
Tigliole d’Asti (AT), Chiesa Romanica di San Lorenzo - Personale 
1996
Canelli (AT), C.R.Asti   Esposizione dei Bassorilievi “I mesi” 
1997
Canelli  (AT), Centro Luigi Bosca per la Cultura e l’Arte - Personale
Torino, Galleria Davico - Collettiva
Nizza Monferrato (AT), “Prima Biennale Internazionale della Scultura”  - Collettiva 
1998
Mango (CN), Castello dei Busca “ Sette Scultori nelle  Langhe” - Collettiva
Acqui Terme (AL), Museo Archeologico, Castello dei Paleologi - Personale
Asti, Certosa di Valmanera - Personale
Collegno  (TO), Sala delle Arti - Personale
Nizza Monferrato (AT), Centro Cultura l’Erca -Personale
Calamandrana  (AT), Scultura   Teatro - Collettiva
Barolo  (CN), Castello Marchesi di Barolo - Collettiva
1999
Mango (CN), Monumento al Primo presidente della Regione Piemonte
Collegno (TO), Chiesa di S. Lorenzo - Sculture di San Lorenzo  e San Pietro
S. Stefano Belbo (CN), Primo Premio Concorso Nazionale di Scultura Cesare  Pavese 
2000
Nizza Monferrato (AT), Galleria  Tra la Terra e il Cielo - Personale 
2001
Mango (CN), Castello dei  Marchesi di Busca - Personale 
2004
Tigliole d’Asti (AT), “Dal Segno alla forma” - Collettiva
Nizza Monferrato (AT), Galleria Tra la Terra e il Cielo, “Sotto il burqa” – Personale 
2005
Asti,  Battistero di San Pietro, “Delle ombre e  dei fantasmi” - Personale 
2006
Canelli (AT), Inaugurazione  Enoteca Regionale di Canelli, “Arte in Enoteca”    
2007
Bergolo (CN), “L’anima e la materia” - Personale 
2008
Acqui Terme (AL), Inaugurazione  Movicentro - Galleria Artanda, “Silenti creature” - Personale  
2010
Torino, Studio Laboratorio di Anna Virando, “Femminilità” - Personale
Costanza  (Germania), Arte Contemporanea Italiana - Collettiva 
2011
Milano, Galleria Emmediarte, “ Contaminazioni” - Collettiva
Costanza (Germania), Arte Contemporanea Italiana 2  - Collettiva 
2012
Mombercelli (AT), Musarmo, Museo civico di arte moderna, “Di dolore  il volto”- Collettiva
Mango (CN), Castello dei Busca , Enoteca Regionale, “Dieci Anni Dopo” - Personale
Santo Stefano Belbo (CN), Galleria Emmediarte e Fondazione Cesare Pavese,  “Dieci Anni Dopo” - Personale
Canelli (AT), Centro per la cultura e l’arte Luigi Bosca, “Dieci Anni Dopo” -  Personale
Mombercelli (AT), Musarmo - Museo civico di arte moderna, “Dieci Anni Dopo” - Personale
Milano, Galleria Emmediarte, “Dieci Anni Dopo” - Personale
Bra (CN), Palazzo Mathis, “Gli anni del Boom” - Collettiva
Cherasco (TO),
Palazzo Salmatoris, “Lo sport nell'arte” - Collettiva  
2013
Mombercelli (AT), Musarmo- Museo Civico di Arte Moderna - Mostra  permanente
Castellamonte (TO), Centro Ceramico “La Fornace Pagliero”, “Verso  l’essenziale” - Personale
“Paolo Spinoglio Alle origini  della forma”, monografia di  Paolo Spinoglio, Adriano Olivieri,  a cura di Paola Gribaudo – Silvana Editoriale 
2015
Canelli (AT), Ristorante  Enoteca di Canelli, “Sculture e disegni” - Personale  
2016
Finalborgo (SV), Complesso  di Santa Caterina, Oratorio de' Discipinanti, “Sguardi” - Personale 
Calamandrana (AT),
Cantine Michele Chiarlo, “Sguardi” – Personale 
2017
Pallanza (VB), Villa Giulia, “Le stanze delle meraviglie”, Collettiva 
Mombercelli (AT), Musarmo Museo Civico di Arte Moderna, “Di dolore il volto” - Collettiva 
2018
Alba (CN), Villa la Favorita, “Sculture” - Personale 
Alice Bel Colle (AL), Casa Bertalero, “Sinapsi” - Personale 
Acqui Terme (AL), Cantine Cuvage, “Grande Ragazza con Collana” -Personale 
2019
Nizza M.to (AT), Foro Boario, “Tregiornidiarte” - Collettiva 
Canelli (AT), Ristorante Enoteca di Canelli, “I disegni di Paolo Spinoglio” - Personale 
Canelli (AT), Villa del Borgo, “Women” - Personale
2021
Gerusalemme, Jerusalem Biennal, “Voyage around my room” - Collettiva 
Napoli (NA), Museo Archeologico Nazionale di Napoli, “Giocare a regola d'arte” - Collettiva
2022
Mondovì (CN), Museo della ceramica, "Le terre di Paolo Spinoglio e le parole di Beppe Fenoglio” - Personale
Mondovì (CN), Liber - Museo della Stampa, "Le terre di Paolo Spinoglio e le parole di Beppe Fenoglio” - Personale  

Paolo Spinoglio, che ci ha lasciato nel 2002, non ha mai interrotto la sua ricerca artistica e poetica,
nemmeno nel periodo di grandissime sofferenze fisiche che vanno dal 2001 al maggio del 2002, mese della sua morte.Era nato nel 1956, gemello di Luigi, astrofisico, fratello di Cristina, traduttrice con frequentazioni filosofiche e figlio di Tullio, artista e industriale, categoria abbastanza nutrita di esponenti nell'Italia settentrionale degli anni cinquanta e sessanta del Novecento - e di Amalia Tribocco.
Questa famiglia, per molti motivi, oltre a esser stata molto unita e solidale si era distinta, negli anni, per uno smisurato amore per i classici dell'arte visiva. Paolo è cresciuto in un appartamento di corso Fiume, a Torino, all'interno del quale erano appesi oltre duecentocinquanta quadri e che ospitava pure numerose sculture di piccola e media dimensione. Iniziò a disegnare a otto anni e non smise per tutta la vita. Fin da bambino, con il padre,frequentò assiduamente, in Italia e in Francia, numerosi musei, molte gallerie d'arte, nonché gli studi di alcuni pittori.

Dal 1970, anche grazie a incontri e amicizie nell'ambiente del Liceo Massimo d'Azeglio di Torino, dedicò moltissimo tempo alle Gallerie d'Arte torinesi e, frequentandole, fu influenzato da alcuni ambiti differenti e fondamentali per la cultura artistica di quegli anni: il post-impressionismo, l'arte astratta, la pop art e l'arte concettuale. Utilizzò, per dipingere, lo studio di via Bidone, 24 che il padre aveva affittato da un noto critico, Angelo Dragone, e quel luogo, per circa dieci anni, dal 1972, divenne punto di incontro di molti adolescenti torinesi appassionati d'arte. In quel periodo fu discepolo di Carlo Giuliano, direttore dell'Accademia di Belle Arti di Torino dal 1992 e titolare del Corso di Scenotecnica presso la scuola di Scenografia dell'Accademia dal 1971.
Nel 1973, Luigi Carluccio curò "Combattimento per un'immagine. Fotografi e pittori" una mostra internazionale per la Galleria d'Arte Moderna di Torino; qui avvenne l'inizio di un sodalizio di ricerca e di discussione nato tra i banchi di scuola con Lino Sturiale, coetaneo, che si occupava di fotografia e di arte. Sulla base dei contenuti di quella mostra, visitata per molti giorni di seguito, in quel 1973, iniziò una discussione che sarebbe durata trent'anni. Di quel periodo fanno parte molti disegni, quadri, fotografie e opere, appunto che miscelano le tecniche della pittura, del disegno e della fotografia, che oltre a rappresentare il corpo di un'attività di sperimentazione, a tratti febbrile, testimoniano del versante di intenzione poetica di Paolo Spinoglio.

Contemporaneamente, come ha fatto per tutta la vita, non tralasciava di produrre piccole serie di minuscole opere da regalare ad amici, docenti, persone che incontrava, come, ad esempio, i Pescioli, piccoli pesci, fusi in piombo, nella cifra dei disegni di Matisse e di Picasso. Fu molto colpito pure da un libro, uscito in quegli anni per Einaudi: La Fotografia, di Ugo Mulas, che oltre a presentare la scena artistica contemporanea internazionale (soprattutto statunitense) descriveva con il linguaggio preciso e poetico al tempo stesso delle immagini (in bianco e nero) le ragioni del processo di produzione artistica e il farsi dell'Arte visiva.
Si comprò una Nikkormat, e poi una Nikon F, e si organizzò una camera oscura.
Rivide cento volte Blow Up di Michelangelo Antonioni, e si formò, nel breve volgere di qualche anno, una cultura cinematografica invidiabile, degna di un docente di storia del cinema. Era, in quegli anni, gioviale e schivo al tempo stesso, sprezzante e timido, a tratti, sempre molto apparentemente trasgressivo e al tempo stesso molto rispettoso degli altri. Arrivò il primo amore, per pochi mesi, e poi, si rifiutò di accettare nuovi legami sino al momento in cui, nel 1976, conobbe Raffaella Mirandola, nel corso di un viaggio tra Spagna e Marocco durato alcuni mesi.

Divenne la sua compagna, poi la madre dei suoi figli e infine sua moglie. Nel frattempo, dopo la maturità, conseguita nel 1975, e dopo un viaggio, via terra, da Torino a Mazar El Sharif, si iscrisse prima alla Facoltà di Ingegneria del Politecnico di Torino, poi ad Architettura e in seguito al corso di Laurea in Archeologia dell'Università di Torino, ma le sue inquietudini, forse persino i relativi agi in cui viveva, gli impedirono di concludere gli studi universitari.

Tra il 1975 e il 1978, con Lino Sturiale, si avvicinò molto all'ambiente dell'Arte concettuale e in particolare all'Arte Povera torinese, divenendo amico di Gilberto Zorio, Salvo Mangione, Paolo Mussat-Sartor, Michelangelo Pistoletto, Braco Dimitrijevic, Mario Merz, Gian Enzo Sperone. Dopo anni di sperimentazione, molto influenzato dalla "scoperta" di Balthus, torna a lavorare con la figuratività, trovando una dimensione personalissima della rappresentazione poetica degli affetti in senso universale e della figura umana intesa come immagine di speranza e ricerca.
Dopo un periodo di ripensamenti e insicurezze, culminati con la distruzione di molti quadri, disegni, sculture, che allora realizzava in ferro assemblato e lavorato, nell'officina della fabbrica paterna, interrompe per qualche tempo l'attività artistica ed entra in Azienda, come responsabile del magazzino edegli acquisti, ma l'ambiente dell'indotto FIAT non lo gratifica e lo spinge a cercare ancora. Intraprende allora un periodo ulteriore di ricerca.

Si reca a Madrid per alcuni mesi; passa ore a disegnare dentro al Museo del Prado, poi si avventura in Oceano con dei pescatori e porta a casa delle splendide fotografie. Finalmente apre lo studio di via Ormea, 14, a Torino, accanto a quello del suo altro maestro: Riccardo Cordero.Comincia con convinzione a lavorare sulla scultura, specializzandosi via, via fino ad abbandonare quasi totalmente la pittura; "gioca" con la pietra e il legno, affina notevolmente le tecniche plastiche e ceramiche e si avvicina, con la timidezza sua intrinseca alle fusioni in bronzo.

Continua a disegnare, sempre in maniera febbrile, totale, continua. Nel 1982, per qualche mese, vagheggia di volersi trasferire in Nicaragua, dove è in corso la rivoluzione Sandinista e la guerra contro i Contras finanziati e addestrati dagli USA. Rinuncia e prosegue, sempre tra mille inquietudini, a lavorare in via Ormea.

Nel 1987 nasce Pietro, il primo dei tre figli, a cui seguiranno Francesco e Marta. I bambini cresceranno a Mombercelli, dove Raffaella e Paolo si trasferiscono verso il 1990. Paolo apre un grande studio a Canelli, che gli permette di realizzare le sue grandi sculture, cotte personalmente in un grande forno, dopo anni di viaggi e fatiche presso fornitori sempre lontani e limitanti per le misure dei lavori.
Gli anni novanta, nel susseguirsi di mostre, committenza, affezione di uno sparuto e selezionato manipolo di collezionisti, rappresentano la crescita professionale di Spinoglio, ma anche il misurarsi faticoso con il mondo della Committenza, degli Agenti, dei Galleristi. Espone in Germania e ne è molto contento. Una sua scultura viene commissionata dalla Città di Asti per essere donata a Karol Wojtyla, Papa Giovanni Paolo II. Non riesce ad esporre a Milano e se ne duole moltissimo, per anni.
Chief È ossessionato dal senso dell'ultimo, nella possibilità della sua ricerca poetica e tecnica.

Poi si ammala, si spaventa, continua a lavorare sempre più febbrilmente. Dopo un intervento chirurgico incontra molti vecchi amici, ma ha paura di non farcela. Il suo lavoro, per chi lo conosce, ne è testimonianza, abbondante e pieno di una ricerca sicura, che viene condotta a tappe forzate.Nel 2001, anno in cui soffre fisicamente in maniera indicibile, produce una nuova, stupenda serie di statue, che contengono la sintesi di molte cose, con quegli elementi apparentemente decorativi e quei visi astratti e levigatissimi. L'ultima scultura è un urlo consapevole: la rappresentazione dei suoi cari intorno a lui, malato. Pero, anche negli ultimi giorni, Paolo, non ha mai abbandonato quel suo esser realista e intensamente ironico, intelligente, sarcastico a cominciare dal giudizio su se stesso…

Libro:
Viaggio alle origini della forma

La potenza della scultura e' da sempre localizzata nella possibilita' di plasmare con le proprie mani pezzi informi che prendono vita. E' un esercizio quasi divino. Creare una forma dai tratti antropici regala allo scultore nuova forza creativa, Nell'opera di Paolo Spinoglio si riscontra la stessa forza plasmatrice che riesce a dare vita ad uno straordinario momento scultoreo in cui l'autore si trova dinanzi alla possibilita' di concepire qualcosa di straordinario. […] Paolo Spinoglio riesce in un'impresa davvero singolare: regalare un'anima alle sue sculture condividendone il segreto con i suoi interlocutori.
(Paolo Levi)
[…]Con la sua opera, che comprende terre refrattarie e ceramiche, bronzi e marmi, dipinti e disegni, Spinoglio attraversa idealmente tutto il Novecento per il tramite di un viaggio ulissideo (il mythos di un eroe, dice Omero, poikilometes, cioè che ha il dono di una mente "dai molti colori") che arriva, dopo la grandissima, sublime, avventurosa rapina di Arturo Martini, al punto dove la scultura, ignorando non per superbia o per indifferenza ma per naturale distacco quasi ogni influsso estetico e formale, si fa fabula, sentimento e verità. Tale tragitto scorre, come un fiume calmo ma vivo, tra le opposte sponde, le diverse estremità, di arcaismi, di primitivismi, di archeologismi, di mitologie da una parte e di modernismi, con deformazioni e con lacerazioni dall'altra.
Passa di lato, distante, sempre esterno alle più varie esperienze di tendenze o di gruppi; non si possono porre, a suo riguardo, questioni di avanguardia, di astrazione, di ricerche sperimentali, di dramma informel, di emergenza della materia, e neanche di visione classica. […]
In effetti, Spinoglio sembra solo di fronte alla materia che attende la sua mano o il suo strumento per essere violata, impastata, colorata, invetriata e cotta al forno, con una techne da cui è bandito ogni orpello, ogni movimento decorativo, ogni scoria, ogni configurazione che non sia essenziale, necessaria a quel rapporto immediato tra moto dell'animo e sua espressione, tra phronesis, pensiero e sua incarnazione plastica. In due terrecotte monocrome della maturità, Donna con cane del 1991 e Bambina alla finestra del 1993, l'azione è fissata in un momento in cui si concentra un intero racconto, il senso di un'esistenza, di una consuetudine, di una fatalità data in tenerezza e in umana solitudine, mentre in Amanti rossi, sempre del 1993, si manifesta un'agitazione di sentimenti e di forme, di amore e di natura: l'unione tra l'uomo e la donna come materialità e sacralità della vita. Sennonché, Ragazza con vestito blu del 1995 circa e Donna a fette colorata del 1999 rivelano una personale e metaforica interpretazione scultorea dell'"oscuro grembo" di Martini, ma ancora un desiderio di consumare le superfici nella tessitura pittorica, e i due aspetti corrispondono alla physis, all'indole spinogliana che, se è fondamentalmente istintiva e spontanea, svela nondimeno ‒ con Donna uovo del 1998 e con Busto di afghana del 2001 ‒ un'intensa sensibilità artistica e culturale. (Floriano De Santi)
Nelle piccole come nelle grandi sculture di Paolo Spinoglio "si sta" come in una casa, nella propria casa dove tutti gli oggetti sono riconoscibili. In questo senso e' stato scritto che si trattava di una scultura del "quotidiano". Le sue immagini non hanno nulla che alluda al mitico e nello stesso tempo e' il quotidiano che diventa mitico. Spinoglio è tutto presente nella nostra vita dei nostri giorni. La sua scultura vuole essere consumata come una "cena".
Spinoglio la costruisce proprio perché non ci sia alcun distacco fra noi e la sua opera. Nelle sue crete non vi sono delle tinte, delle nuances. La sua scultura e' quasi in forma di pittura e la si puo' avvicinare alla parete vicino ai quadri che eventualmente si posseggono. La scultura di Spinoglio e', in altre parole, una forma di vita che continua e che cerca un universo di pace. (Domenico Rea)
Paolo Spinoglio ha seguito le sue sculture con una passione infinita, instancabile nel suo cercare sempre di fare il massimo, in un esilio permanente. Ogni scultura di che ha creato rende evidenti frammenti di disperazione, gioia, amore, sesso, curiosita'. […] Spinoglio ha sviluppato il desiderio di un'arte di equilibrio, purezza e tranquillita', libera da ogni elemento di disturbo, mantenendo costante la sua ambizione nel proprio lavoro. Le sue opere manifestano una tremenda lucidità che trasmette serenità ed intensità. Verso la fine i soggetti sono piu' liberi, espressive e ci sono sorprese magnifiche tali da farci stupire della sua capacità di materializzare i sogni. […] Spinoglio ha anche sfidato la materia scegliendo di lavorare in modo dimesso con l'argilla. Comprendendola complessità dell'immaginario, la magia e lo splendore della terracotta. La caratteristica essenziale della scultura di Spinoglio e' la capacita' di giudicare la minuziosa serenita', la descrizione, la tranquillita' e l'allestimento della sua opera. (Victor De Circasia)
Ciò che Spinoglio ha inseguito (accuratamente, istintivamente direi, quasi per evitarne il fastidio) e' uno stile, scarno ed esclusivo, che nella speranza tecnica e nella perfezione grammaticale esaltsasse il valore lirico dell'anima significante. Ha progressivamente allungato il busto alla figura, singola o gruppo, ieratica, totemica, solenne. […] Gli occhi delle opere di una inespressa maturità non hanno speranza.
Sono velati, spesso nascosti, senza pupilla e senza luce; non ti osservano, non li vedi. Sfingi immobili, sacerdotesse del mistero, testimoni della sofferenza, dell'inutilità di resistere al destino che tutto ha – perche' tutto e'- scritto, e non puoi farci niente, e allora resti a fissare il vuoto, ad immergerti nella profondità inesplorata del nulla. Immenso come l'infinito. (Gianfranco Schialvino)
Paolo: acuto ed irriverente, con le sue mani nodose ha fatto cantare la terra (Bianca Sellan).

Gli occhi che bruciano/ Le stecche impregnate di sudore/ Le mani stanche/ Qualche cosa uscira'/ La mia verita' nel disegno?/ I miei sogni?/ la mia pazzia?/ Solo domani potrai sapere./ Oggi e' finito./ Domani chissa'. (23 aprile 1997). Questa "dedica", che Paolo Spinoglio mi indirizzo' in momento molto positivo, fervido di idee e di lavoro, della sua e della mia vita, la primavera del 1997, la tengo cara, poiche' esprime il senso piu' importante, e nascosto, di tutto il nostro lungo colloquio: del sodalizio umano, artistico e culturale, mio e suo, durato dal 1970 al 2002, e che dura tutt'ora, immutato, in quanto l'energia di Paolo Spinoglio, e le sue problematicita', non si esauriscono davvero con la durata della vita fisica. (Lino Sturiale).

Ritrovo nelle sculture di Paolo il riflesso della rude dolcezza dell'uomo, artista, amico e fratello. Cosi' rivive, forte e profondo il sentimento ed il ricordo dei tanti intensi momenti vissuti insieme. (Cristina Levi).

"Paolo era un artista nel senso piu' completo del termine e a un non artista come me non resta che lo stupore per l'uomo e per le sue opere" ... ho sempre difficolta' a relazionarmi con la morte, mi piace immaginare le persone scomparse come partite per un lungo viaggio. (Andrea Carosso).


Non saprei dire se considerassi Paolo piu' come amico che come artista. Di certo per la mia non breve esperienza di gallerista, posso affermare che era uno dei pochi veri "artisti" che io abbia incontrato. Mi piaceva il suo stile: semplice, essenziale, elegante. Le sue figure di terra, immobili, scabre, ma dai volti luminosi. Il fascino delle espressioni attonite, dagli occhi spalancati, uno sguardo eternamente proteso sull'infinito. Il suo breve passaggio ha lasciato un segno indelebile nella vita di chi ha avuto la fortuna di conoscerlo e condividere un tratto del suo cammino. Segno tangibile per chiunque posi gli occhi sui capolavori che ci ha lasciato. (Anna Virando).

Paolo e' il mio opposto che e' entrato a far parte del mio vissuto. Quando lavoro, oramai, e' dentro di me. Tecnicamente... chissa' se esiste un altro al suo livello. (Giansalvatore Brambilla).

Chissa' cosa avrebbe detto Paolo, di tutte queste tragedie che accadono oggi, e ci attanagliano il cuore, ci rendono tristi, noi, che abbiamo avuto la fortuna di conoscerlo e amarlo, sappiamo che ci avrebbe "sostenuto" con la sua "compassione", la sua grande sensibilita', e ci avrebbe restituito, attraverso la sua arte - come aveva gia' fatto per le "donne afgane" , la testimonianza della sua fermezza interiore, trasfigurando il dolore in un "esserci" senza tempo. Paolo Spinoglio ha lavorato duro per anni, con immensa fatica, impegno e grande forza d'animo. Il frutto di questo impegno di energie, sono le numerose sculture di figure femminili a grandezza naturale o monumentali, simili a divinita'. La grande arte religiosa di tutti i tempi ha sempre fatto riferimento al principio femminile, e i suoi capolavori sono impregnati di intensa immobilita'. Nell'antico Egitto lo scultore era chiamato "quello che tiene in vita". Anche le opere scultoree di Paolo sembrano destinate a rappresentare l'idea dell'eternita', isolando passato e futuro dal fluire del tempo. Sono "realistiche" per mettere in luce la "falsita'" della morte. (Angela Schiappapietre).


In Polesine dicevano che il pane del padrone ha sette croste, ma poteva anche essere una padrona. E' stato proprio il caso di Spinoglio Scultore, totalmente dominato da una padrona: l'arte quella con la "A" maiuscola, che ti possiede totalmente, tormentandoti, lasciandoti dubbioso, ma spingendoti avanti alla continua ricerca di un qualcosa che ti pare irraggiungibile. Paolo era cosi' ! Con quelle sue "Mani" da operaio, le mani che erano quelle di Marino, Messina, Manzu'; pieno di talento, mai pago, e' stato proprio cio' e questa sua maturazione sofferta a darci le opere migliori ed altre ce ne avrebbe date, se il destino che tutti domina non avesse (per tutti noi ingiustamente) deciso altrimenti. (Gianfranco Altieri).

Ho accarezzato tutte le sue statue che ho avuto modo di ammirare nel suo studio. Una me l'ha regalata. (Boss).

Paolo, sei rimasto nel mio cuore come se tu fossi ancora al mio fianco. Sei stato e sarai sempre un amico fraterno e ti ricordo con affetto ogni giorno. (David).Paolo era un uomo libero. E standogli vicino, tutta quella liberta', la sentivi, ti faceva venire i brividi. (Daniele Ferrero).

Nel disteso sonno/ felicemente/ mi emoziona/ il lenzuolo/ di terra. (Enrico).

C' erano periodi che ci si vedeva tutte le settimane. Andavo nel suo studio al mercoledi' pomeriggio ritornando dal lavoro ed entravo in quell'atmosfera che tanto mi affascinava; sculture, progetti, disegni, attrezzi, scritte sui muri. Si discuteva di arte, ci si scontrava sulle preferenze per questo o quello scultore, ci si scambiava consigli sulle tecniche, sulle cotture della creta. Per me che vivo alla periferia della periferia dell'Impero era una insostituibile occasione per accedere alle intime motivazioni di un artista che lo muovono ad esprimere, con la sua particolare sensibilita', l'interpretazione della vita nelle sue opere. Ho visto maturare gli stili di Paolo, riferiti all'Antelami, ad Arturo Martini, a Bacon; ne ho seguito il cammino verso l'astrazione con la purificazione della forma che vedeva l'eliminazione progressiva dei particolari descrittivi, fino a giungere ai quei visi che sorridevano senza occhi. Nella primavera del 2001 entrai nello studio e vidi "le talebane", le donne in burqa, pura forma segnata da delicati ricami sulla parte corrispondente al viso, la cui verticalita' era sottolineata da severe pieghe del manto. Si era prima dell'11 settembre, l'Afganistan, presente nelle cronache, non aveva ancora assunto quella rilevanza che avrebbe poi avuto di li a poco, e Paolo aveva distillato i suoi ricordi di un antico viaggio fatto in quella terra circa vent'anni prima: le donne in burqa erano un monito che Paolo lanciava al mondo con quell'intuizione premonitiva che spesso avvicina l'artista al sottile piano della divinita'. (Dedo).


Quando sara' possibile rivisitare complessivamente l'opera di Paolo Spinoglio, mi piacerebbe indagarne la dimensione "religiosa", su un doppio percorso. Anzitutto quello dell' inventario di cio' che e' chiaramente riconducibile a tematiche cristiane in senso stretto, e non posso non pensare immediatamente alla Deposizione che giustamente segna a Mombercelli il luogo del suo riposo, ma anche alle altre versioni del medesimo tema, o al torso impressionante del Cristo, o alla Cena, o a San Francesco... Ci sono poi opere che possiamo sentire come religiose in senso esteso, come le tante Maternita' che senza forzature possiamo leggere come icone della Vergine e del Bambino. L'altro tracciato di indagine, piu' intrigante per comprenderne la ricca personalita' interiore, lo collego all'incontro con le sculture ordinate nel '95 nella chiesa di San Lorenzo a Tigliole, quando lessi, condividendole appieno, le parole di presentazione di Paolo Levi: "Egli esprime valori immediati del trascendente, quelli del Sacro, dell'Amore e del Mito...", e quelle di Cinzia Orlando: "... una definizione che, anche nell'immagine del Cristo, non deve essere intesa solo come momento di celebrazione religiosa, ma anche come religiosita' dell'animo...".Quella religiosita' che non e' semplice scelta di soggetto, ma dimensione vera dell'artista, che si nutre di radici profonde, trascendenti appunto e quindi religiose, che ancor oggi sanno darci frutti di emozione e di mistero. (Don Francesco Cartello).

E' scomparso un formidabile poeta della scultura che sapeva dare forma ai sentimenti piu' veri e profondi. (Filippo e Laura).

Paolo Spinoglio era un puro di spirito che ha avuto il coraggio di seguire la sua passione. Lui mi considerava un amico e per me sicuramente lo era. Non abbiamo avuto molto tempo per coltivare la nostra amicizia ma quei pochi momenti che ho condiviso con lui sono stati intensi e profondi. Andavo a trovarlo nel suo studio e chiacchieravamo; c'erano disegni dappertutto e sculture in ogni angolo. In fondo erano testimonianze concrete e visibili del suo costante tentativo di tirare fuori sentimenti e sviscerare emozioni. Alcune sue opere, sia disegni che sculture, erano molto forti, dure e provocatorie; col tempo i suoi tratti sono diventati molto piu' dolci e sinuosi ma estremamente piu penetranti, essenziali e comunicativi. Le sue sculture sono vive e ogni volta che ne ho una di fronte agli occhi mi verrebbe da cominciare a parlarle. La magia delle sculture di Paolo, per me, e' sempre stata quella sensazione - esattamente come con le persone in carne ed ossa - di capirsi con un'occhiata, con un gesto, al volo. Entrare nel suo studio a volte per me era letteralmente impressionante; passavo dalla luce esterna alla penombra dell'anticamera, piena zeppa di "persone", oggetti ed emozioni coperte dalla polvere e lasciate li' per anni. E poi - da dietro il tendone di plastica che serviva a contenere il calore della stufa - sbucava Paolo, sorridente e contento di ricevere visite. Anche la sua fisionomia era lo specchio della sua personalita'; l'impatto visivo, gia' di per se' molto espressivo, era improvvisamente sovrastato dalla profondita' del suo sguardo e dall'essenzialita'dei suoi gesti e delle sue parole. Paolo proprio non concepiva neanche il concetto d'ipocrisia o di falsita'; non c'erano filtri alla sua espressivita' ne' come persona e neanche attraverso le sue sculture. Mi piace credere che Paolo ed io ci capivamo quando parlavamo; ci accomunavano certi stati d'animo sulla stessa lunghezza d'onda. Mi ha sempre affascinato la magia di come lui riuscisse a tirarli fuori e dar loro una vita propria. Sono contento di aver conosciuto Paolo Spinoglio ed il suo messaggio sara' sempre con me. (Gigi Bosca).

E' solo uno sguardo, un dolce sussurro il bronzo e l'argilla mi parlano di te...(Gigi Visconti).



Ricordo con immensa gioia Polo Spinoglio e quando penso ai momenti trascorsi in sua compagnia, provo un vuoto incolmabile. Ho frequentato assiduamente lo studio di Paolo fin dall'inizio del nostro sodalizio artistico, legati da una fraterna amicizia e reciproco rispetto. Sono stato presente alla realizzazione di tante sue opere: l'idea, il progetto, l'esecuzione. Paolo adorava i materiali "terrosi" che plasmava con foga e determinazione, manipolando con tutto se stesso quasi volesse immergersi in quell'amalgama che a poco prendeva forma dalle sue mani dalle quali scaturivano figure umane che giganteggiavano come "ciclopi" nel suo studio. Ricordo in particolare il gruppo "Tre sorelle" , uno dei suoi pezzi migliori, la prima di tutta una serie di opere che ha conferito nuova linfa creativa all'ultimo periodo della sua produzione artistica. In queste opere, infatti, vi e' stata un'impressionante evoluzione nello stile e nella forma che ha esaltato e valorizzato la genialita' e la personalita' dell'artista Spinoglio. Le sue opere sono la testimonianza viva e concreta per ricordarlo....... Grazie, Paolo ! (Gio' Venturi).

Conobbi Paolo Spinoglio dalla sua stretta di mano forte, vigorosa. Soprattutto sincera, che ti trasmetteva dentro il suo credo piu' profondo: l'amicizia smisurata di chi ha il Cielo nel Cuore. Riluttante, era il 1992, accetto' la mia proposta di organizzare la sua prima mostra nell?astigiano. La sala era piena e non voleva intervenire. Riusci' a biascicare quattro parole, sapendo farsi subito ammirare ed amare. Con lui, sempre meno convinto, approdai dal Papa, Giovanni Paolo II, per donargli la splendida scultura che aveva plasmato raffigurante "L'uomo ed il Lavoro" in occasione dell'enciclica "Laborem Excercens". Disincantato come sempre, non ce la fece (o non volle) ad avvicinarsi; lascio' ad altri il compito di offrire il prezioso dono."Paulin" era cosi'; tanto, infinito genio in un corpo che se ne fotteva delle futili apparenze. Contava la sostanza. Come quella volta, forse era la sua prima trasferta all'estero, che restammo una buona mezz'ora, erano le 3 del mattino, ad ammirare Monaco di Baviera dall'alto della OlimpiaTurm, la torre gigantesca che da 180 metri di altezza domina la citta' tedesca. Alla fine sbotto', guardando affascinato il panorama fatto di luci che si dissolvevano nella notte: "Certo che il mondo e' grande !". "Tanto grande - gli dissi - ma un nulla per te. Cosi' ce la farai ad imprigionarlo nelle tue sculture". Adesso capisco che il Mondo gia' lo aveva fatto suo, allora. (Giovanni Vassallo).

Incontrai la prima volta Paolo Spinoglio nella primavera del 1997 quando il Comune di Mombercelli aveva deciso di ripresentare al pubblico una nutrita collezione di arte moderna raccolta nel 1972 da un gruppo di compaesani lungimiranti e rimasta per oltre vent'anni nei sotterranei di una banca locale. Seralmente si tenevano le prime riunioni per dare vita ad una commissione di vigilanza e muovere i primi passi in vista della costituzione di un Museo dopo la mia nomina a Conservatore. Qualcuno me lo presento' come un giovane scultore piuttosto vivace e dalle sicure prospettive artistiche. Ero piuttosto avanti con gli anni e, anche per la mia professione di giornalista, artisti ne avevo conosciuti e frequentati parecchi. Mio appariva strano incontrare nel paese dove avevo deciso di vivere da pensionato, uno scultore che avesse l'eta' di mio figlio. Paolo Spinoglio mi invito' nel suo studio di Canelli ed ebbi la sorpresa di scoprire un artista che operava a tutto campo in un ambiente scarno e leggendario, un vasto laboratorio dove la creta si animava e dai grandi disegni percorreva tutto il cammino che, modellata, l'avrebbe portata sapientemente scomposta, nel grande forno a diventare Scultura. E tra le tante opere giacenti trovai i rifacimenti, non banali, dei mesi e delle stagioni del duecentesco Benedetto Antelani, il primo scultore che ho amato, quello del Battistero di Parma. Con un simile fondale il colloquio con Paolo era subito diventato facole, avevo l'impressione di averlo sempre conosciuto e da tempo cercato, mi sembrava di essere tornato agli anni di Mino Rosso. Capii di parlare non solo con un vero artista e amico, ma cominciai a ragionare da Conservatore di un Museo di Arte Moderna e sul relativo statuto ed a chiedermi se questo mio figlio avesse l'eta' e le credenziali che spesso contenevano almeno una Biennale di Venezia, per entrare in una collezione dove le note biografiche erano quasi tutte scritte al passato remoto. Trovammo la soluzione con il Comitato dei Garanti e il 16 ottobre del 1997 un' opera, naturalmente in terra refrattaria, dal titolo "L' Attesa entro' nel nostro Museo. La sua breve ed intensa vita dedicata all' arte si concluse nel Maggio del 2002 sulla soglia della conquistata maturita'. Il gruppo di opere presenti in questa mostra ne fa parte: ci portano al periodo delle donne Talebane gia' esposte nel Museo di Mombercelli quando ne ricordammo, increduli l' improvvisa scomparsa. Aveva affrontato un tema sconvolgente da autentico artista con delicata attenzione e consapevolezza dando stile e dimensioni ad una realta' difficile da proporre ed imitare. (Gianmaria Lisa).

Libro:
Viaggio alle origini della forma